L’ANGOLO ITALIANO: L’ARCHIVIO DELLA MEMORIA FIUMANA

Un archivio della memoria per la storia della città di Fiume nelle parole dei protagonisti e attraverso i racconti di famiglia

Arhiv fijumanskog sjećanja za Arhiv sjećanja Rijeke

Arhiv sjećanja za povijest grada Rijeke u riječima protagonista kroz obiteljske priče

„Arhiv fijumanskih sjećanja” projekt je Gianfranca Mikse i Vannija D’Alessija u produkciji Zajednice Talijana Rijeka uz potporu Talijanske unije. Arhiv je nastao 2018. prema ideji Gianfranca Mikse kao svjedočanstvo o vitalnosti i važnosti talijanske prisutnosti u Rijeci. Arhiv se razvio zajedničkim naporom i namjerom dvojice autora kao alat za povijesno istraživanje i diseminaciju, čiji je cilj produbiti znanje o prošlosti grada na temelju svjedočanstava prikupljenih na videu. U perspektivi, ova serija ima predstavljati usmenu i zbornu povijest grada; ne samo jedne od njegovih jezičnih i kulturnih sastavnica – one talijanskog jezika – već, budući da se povijest potonjeg uvijek presijecala s poviješću drugih jezičnih zajednica, također hrvatskog, ali i njemačkog, slovenskog, mađarskog, srpskog, albanskog, makedonskog i tako dalje. Nije, naime, slučajno da se „Arhiv sjećanja” u ranim fazama razvio u sklopu međunarodnog istraživačkog projekta „Rijeka Fiume in Flux”, projekta o povijesti grada te njegovim prijelazima i promjenama tijekom dvadesetog stoljeća, tijekom kojeg su izrađene interaktivna karta i aplikacija za pametne telefone, o čemu će uskoro biti riječi u ovoj kolumni.

L’Archivio della memoria di Fiume è un progetto di Gianfranco Miksa e Vanni D’Alessio prodotto dalla Comunità degli italiani di Fiume con il sostegno dell’Unione degli italiani. Nato nel 2018 dall’idea di Gianfranco Miksa per testimoniare la vitalità e importanza della presenza italiana a Fiume, l’Archivio si è sviluppato per comune sforzo e intenzione dei due autori come strumento di ricerca e divulgazione storica, che ambisce ad approfondire la conoscenza del passato della città sulla base di testimonianze rilasciate in video. In questo senso la prospettiva è quella di presentare una storia orale e corale della città: non solo di una sua componente linguistica e culturale, ossia quella di lingua italiana, in quanto la stessa storia di quest’ultima è da sempre intersecata a quella di altre comunità linguistiche, a partire da quella croata, ma anche di quella tedesca, slovena, ungherese, serba, albanese, macedone e così via. Non è un caso, infatti, che l’Archivio della memoria si sia sviluppato nelle prime fasi in concomitanza con il progetto di ricerca internazionale Rijeka Fiume in Flux sulla storia della città e delle sue transizioni e mutamenti nel corso del Novecento, che ha prodotto una mappa interattiva e una app. per smartphone, di cui parleremo prossimamente.

Dall’autunno del 2018 a oggi l’Archivio della Memoria di Fiume ha raccolto quasi trenta testimonianze. Le interviste sono tutte state condotte da Vanni D’Alessio e Gianfranco Miksa e sono state montate da quest’ultimo. L’idea è stata di offrire una piattaforma per condividere ricordi propri e della propria famiglia e quindi si è deciso di fare minimi interventi sulle registrazioni. Non si tratta di film documentari ma di testimonianze, presentate in forma integrale, cercando di evitare selezioni ed esclusioni. Si tratta di un archivio, che vuole presentare al pubblico un racconto quanto più ampio, da godersi integralmente, ma anche a spezzoni. Infatti, ogni intervista, oltre che da una piccola scheda biografica è accompagnata dalla lista dei contenuti, con dei link e il minutaggio che permettono di navigare su sezioni e punti specifici, quindi di orientarsi, ascoltare e riascoltare le parti e i temi preferiti, per un piacere personale o per una ricerca di storia.

“Io son nata nel 1932 in centro città a via Ciotta, vicino all’attuale scuola media e i miei vecchi sono lussignani di Lussinpiccolo…. Il mio cognome da ragazza è Faverich e il nome Maria Grazia ma mi chiamo Maria per… anche per poca grazia probabilmente, mi son cancellata!”, cominciava la prima intervista, a Maria Schiavato, a lungo insegnante e direttrice nelle scuole di lingua italiana a Fiume e punto di riferimento importante della comunità italiana, come diremo meglio quando parleremo di lei nelle prossime puntate.

La storia di Fiume affiora da racconti personali diretti che indiretti, ossia tratti dall’esperienze vissute dalle famiglie dei testimoni. Tutti compongono un quadro di eventi e fenomeni condivisi dalla popolazione di Fiume. I racconti, infatti, cominciano con le storie delle famiglie di provenienza: Istria, Quarnero e aree limitrofe dell’Adriatico settentrionale fino alla Carniola e territori vicini e lontani dell’Europa centrale, dei Balcani e della penisola italiana sono i luoghi di provenienza delle famiglie di origine.

Racconta Licia Antonelli: “Mia mamma è nata a Fiume nella casa dove io risiedo ancora oggi e mentre papà è venuto nel 1946 da Friuli. Mia mamma, i genitori di mia mamma erano di origine istriana, la nonna era di origine istro-romena, però il papà era di origine ceca. Tutto un cocktail che a Fiume era una normalità a quei tempi.”

Le loro storie dell’insediamento a Fiume rimandano alla città di fine Ottocento e inizi del Novecento: si parla dei lavori, delle professioni, delle lingue parlate in città, dei diversi rioni e ai loro cambiamenti e curiose continuità. Già prima della Seconda guerra mondiale per andare a Cosala c’era “l’autobus numero 4, come anche adesso”, ricorda la Cosala Elvia, nata Cesak nel 1932 e poi maritata Fabjanić: la coriera “andava fino alla curva prima della scuola, lì c’era l’ultima stazione. Noi chiamavamo da Pucikar perché lì c’era il negozio del fornaio Pucikar”, che sfornava le struze de pan fino al fatale bombardamento del 15 febbraio 1945.

La Seconda guerra mondiale è uno snodo fondamentale delle testimonianze, tra bombardamenti, rifugi, arrivo dei partigiani e il cambio di regime politico e come tutto questo abbia cambiato la vita delle persone. Silverio Cossetto ha ricordato quando fu arrestato durante la crisi del Cominform, e prima di arrivare a Goli Otok ricorda la permanenza nello stesso carcere dove nel 1943 era stato arrestato il padre prima di essere mandato a Mauthausen: “A Fiume son rimasto cinque mesi e mezzo, nel carcere dove mio padre… cercavo sul muro dove erano impressi i nomi. Cercavo il nome di mio padre…”.

La storia non è solo fatta di eventi ed esperienze tragiche. Le interviste rimandano alle esperienze al lavoro e a scuola, socializzazione, musica, sport e teatro, tutti elementi di vita quotidiana che compongono le realtà di una città in trasformazione. Il tenore Antonio Mosina, per vent’anni al Teatro stabile di Sarajevo, ricorda i grandi numeri degli inizi, a fine anni Quaranta, del coro della Società artistica operaia Fratellanza di Fiume: “I Canti con la Fratellanza… allora quella volta… la Fratellanza… erimo quarantacinque che insomma… dodici primi tenori, dieci secondi!”. La musica e il teatro rimasero nella Fiume jugoslava un punto di riferimento importante per tutti, per le nuove classi medie e per il ceto operaio. Come ricorda Licia Antonelli: “…il ceto operaio erano tutti così! Avevano una certa cultura, andavano al teatro. Il teatro era pieno. Magari in Galleria, ma erano sempre là”.

Fino al maggio 2024 l’Archivio ha raccolto le testimonianze di Maria Schiavato e Mario Schiavato, Giacomo Scotti, Bruno Petrali, Silverio Cossetto, Silvana Vlahov, Giuseppe Bulva, Maria Blecich, Elda Bradičić, Elvia Fabijanić, Franzi Gruber, Silvano Bontempo, Sonia Konestabo, Aldo Racanè, Nada Skrok Mataja, Laura Kunstek, Natale Cossutta, Rosi Gasparini, Antonio Mozina, Melita Pavini con Claudio Marsanich, Licia Antonelli, Sandro Damiani, Roberto Palisca, Rolando Benassi, Damir Grubiša, Mario Simonovich, Mariella Picinich Velenderić, Fulvio Varljen, Rita e Silvana Verbano, Gianna Schacherl, Mirella Tainer, Giovanni Stelli, Umberto Bilik, Francesco Squarcia, Walter Girardi, Abdon Pamich, Irene Mestrovich e Aldo Bradaschia. Tutti parlano in lingua italiana o in dialetto fiumano, ancora vivo in città, e mescolato al croato. Non a caso, le storie di questi fiumani corrispondono, sia per origini che per scelte e destini, all’ampia apertura d’ali che la Comunità italiana di Fiume ha mostrato negli anni, aprendo le proprie porte ai fiumani di ogni lingua e cultura come a coloro che hanno vissuto e vivono la diaspora e l’esodo. Così l’Archivio vuole essere una testimonianza di questa apertura, oltre confini e steccati politici e culturali, ossia narrazione corale del tessuto poliedrico della città di Fiume.

Archivio della Memoria di Fiume, presentazione
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